Si vede un albero mozzato. Il tronco rosso, vivo di brace. Buio intorno. Scatto. Poi il cratere nell’asfalto. Dalla voragine sgorgano fiamme. Le alimenta il gas che risale da sotto terra. Scatto. Il muro dietro ha la facciata sbrecciata, le finestre divelte. Ma è ancora in piedi. Scatto. L’obiettivo si gira. Inquadra il distributore di benzina «Ip», dall’altra parte della strada. Sembra mitragliato. Sulla lamiera bianca del gabbiotto si aprono cinque o sei squarci neri. Scatto. Altre immagini. Un vigile urbano, tre vigili del fuoco. Sono a terra tra le foglie che lo tsunami d’aria ha tirato via dagli alberi. Le divise strappate, chiazzate di sangue. Scatto. La Fiat Uno grigia che Cosa nostra ha imbottito con 90 chili di tritolo è esplosa da pochi minuti, alle 23 e 14.
LE IMMAGINI INEDITE - E quelle riprodotte in queste pagine sono le fotografie della polizia Scientifica: le immagini inedite della strage di via Palestro, 27 luglio 1993, cinque vittime. In quel momento, poco dopo la mezzanotte, il Padiglione d’arte contemporanea è danneggiato, ma la struttura è ancora integra. Crollerà qualche ora dopo, alle 4 e mezza. Quando un’infiltrazione di gas sotterranea provocherà la seconda esplosione. Le fotografie sviluppate su carta vent’anni fa, oggi, sono state scannerizzate. Quarto piano della Questura, via Fatebenefratelli, ufficio di Lilia Fredella, dirigente del Gabinetto regionale di polizia scientifica per la Lombardia. Il sole entra dai lucernai. Il sostituto commissario Dario Redaelli fa scorrere le immagini sullo schermo del computer. Quella notte era in servizio; arrivò in via Palestro con una Fiat Campagnola, il fuoristrada che la Scientifica aveva allestito come «laboratorio avanzato». Oggi guarda le foto e spiega: «Questo è il cortile interno del Pac, eravamo lì dentro con le macchine fotografiche e la telecamera, per documentare i danni e la scena del crimine». I vigili del fuoco, fuori, erano al lavoro per spegnere l’incendio. Il gas continuava a uscire da una tubatura intaccata dalla bomba. Quattro e mezza del mattino, mancava poco all’alba.
LA SECONDA ONDA D'URTO - «In quel momento c’è stata la seconda esplosione, provocata da una sacca di gas che s’era creata sotto terra. Anche questa onda d’urto è stata violentissima e mi ha scaraventato in un angolo del cortile. Ero con due colleghi. Qualche attimo di silenzio. Poi ci siamo chiamati a voce alta. Eravamo tutti vivi. Siamo usciti da lì». Fuori, una nuova scena su cui lavorare: il padiglione sfregiato da un’enorme voragine; il tetto ripiegato su se stesso, crollato; la strada colma di macerie. Altri scatti. Negli uffici al quarto piano della Questura si conserva l’archivio dei rilievi. Sono atti giudiziari. Ogni giorno che passa, però, diventano anche documenti storici. E mano a mano, mentre la memoria collettiva si perde, è come se quelle immagini acquistassero potenza.
LA FERITA NELL'ASFALTO - Così oggi, dopo vent’anni, grazie alla documentazione della polizia Scientifica, il Corriere può mostrare il cratere scavato dall’autobomba in via Palestro. «Questa foto l’abbiamo fatta dall’alto, dai "cestelli" dei vigili del fuoco», ricorda Redaelli. Si distingue la cicatrice nell’asfalto. Il buco con una circonferenza di 9 metri. Intorno, una serie di segni a raggiera, lasciati dalle schegge di lamiera e pezzi dell’auto sparati fuori dall’esplosione. Come una gigantesca granata. Scatto. I morti e i sopravvissuti sono stati investiti dalla deflagrazione di quelle schegge. E poi altre foto, per rendersi conto della potenza dello scoppio. Il motore dell’auto: scagliato a 100 metri di distanza, quasi in piazza Cavour. Sarà il «reperto n.1». Una Citroen Bx, parcheggiata sul confine del parco: una scheggia ha piegato il montante vicino al finestrino ed è penetrata nella lamiera. Fino al «reperto n.385»: è la fibbia della cintura di sicurezza della Fiat Uno che conteneva l’ordigno. L’hanno trovata nel cortile interno dell’Intendenza di finanza, oggi Agenzia delle entrate, dall’altra parte dei giardini pubblici: sono 400 metri di distanza. Infine, l’ultima immagine dall’alto. Il tetto del Pac è una spianata di lamiere contorte, strutture d’acciaio piegate, resti sconnessi di vetrate in frantumi. Il sole dell’alba dopo la strage si riflette in bagliori sparsi tra le macerie. Scatto.